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Nido e materna, sì o no? La variante Delta e le paure dei genitori

Ferrazzoli (psicoterapeuta): Bisogna essere realisti e avere fiducia

L’inizio del nuovo anno scolastico si avvicina, con tutte le incognite che porta con sé. Ci sarà una nuova ondata pandemica? Si potrà continuare con le lezioni in presenza o sarà necessario ricorrere nuovamente alla didattica a distanza? In caso di un boom di contagi si finirà per estendere l’obbligo vaccinale? In questo crocevia di domande senza risposta, a passare spesso in secondo piano sono i dubbi e le paure dei genitori di bambini non ancora in età scolare che, in una situazione di normalità, si appoggerebbero senza indugio a asili nido e materne ma che adesso si trovano a chiedersi se il gioco valga la candela. In molte famiglie, con l’arrivo dell’autunno e il rientro al lavoro dopo la pausa estiva, si discute sulla possibilità di mandare i bimbi al nido o meno. La variante Delta fa paura, molti temono di sottoporre i figli a un rischio in alcuni casi evitabile (tenendoli a casa magari con un po’ di aiuto da parte della rete familiare) e/o di finire risucchiati in un vortice inarrestabile di certificati, tracciamenti, quarantene. Non tutti però, soprattutto se sprovvisti di supporto esterno, possono permettersi queste considerazioni. Inoltre in tanti si domandano se sia giusto cercare di tutelare i più piccoli, privandoli però di importanti esperienze di crescita. Ne abbiamo parlato con Flavia Ferrazzoli, psicologa e psicoterapeuta dell’Istituto di Ortofonologia (IdO). “Una buona norma, quando possibile, sarebbe riuscire a tenere i bambini vicino ai genitori più o meno fino all’anno d’età, a prescindere dal Covid- esordisce Ferrazzoli- Questo purtroppo raramente è fattibile e i nidi ormai sono diventati un ausilio fondamentale, in grado anche di fornire ai più piccoli numerose opportunità di sviluppo”. Per la psicoterapeuta “è necessario avere fiducia, in primis nella scienza, la quale ci dice che, ad oggi, il Covid colpisce gravemente i bambini solo in casi molto rari, e a seguire nella struttura a cui si decide di affidarsi e nelle educatrici che si prenderanno cura dei bambini. Ovviamente- aggiunge- è importante vaccinarsi e che il personale sia vaccinato ”.

La terapeuta evidenzia: “Mi rendo conto che non sia scontato avere fiducia, soprattutto dopo il caos mediatico dei mesi scorsi, però, non dobbiamo mai dimenticare che l’atteggiamento dei genitori è fondamentale. Sentirsi e mostrarsi positivi aiuta i bambini ad affrontare al meglio e con serenità ogni situazione. I timori, certamente comprensibili, le incertezze e le ansie delle mamme e dei papà, condizionano, anche inconsciamente, il sentire dei figli che tendono a farsi carico, a livello psicosomatico del malessere degli adulti di riferimento”. Considerazioni che “valgono per i bambini in età da nido, ma possono essere applicate, a maggior ragione, ai più grandicelli- continua Ferrazzoli- A tre anni infatti, età in cui ha inizio la materna, entra in campo il tema della socialità e la scuola d’infanzia offre ai bambini innumerevoli stimoli, difficilmente replicabili nel contesto domestico”.

La terapeuta evidenzia come “la scuola dell’infanzia dia ai bambini opportunità che non vanno sottovalutate e che le parole d’ordine per i genitori debbano essere due: realismo e, come già detto, fiducia. Realismo per quanto riguarda il rischio rarissimo di incorrere in una malattia grave (assimilabile al rischio relativo a tantissime altre situazioni del quotidiano) e fiducia intesa come capacità di affidarsi a chi, in questo campo, ha competenze che noi non abbiamo”.

In conclusione Ferrazzoli rimarca: “Penso che la situazione in cui ci troviamo possa diventare per i genitori un’esperienza attraverso cui insegnare ai figli, con l’esempio, un approccio positivo e propositivo all’incertezza e alle difficoltà che, inevitabilmente, la vita ci mette di fronte. Chiaramente- dice- in caso di condizioni mediche particolari o di dubbi di varia natura è sempre bene chiedere consiglio al pediatra”.